Diverse le criticità che gli esperti rilevano nell’attuale bozza del nuovo CAD, ma una su tutte sembra saltare all’occhio, ovvero la mancanza di una traduzione in norma tecnica degli obiettivi della Legge Delega, per tenere maggiormente conto degli aspetti che emergono dalla pratica quotidiana
Il Decreto Legislativo n. 82/2005, conosciuto come Codice dell’Amministrazione Digitale , è stato modificato più volte ma la modifica più importante è avvenuta col Decreto Legislativo n. 235/2010.
Oggi si sta parlando di CAD 3.0 e sul web è disponibile una bozza non ufficiale che contiene numerose modifiche che il Governo intenderebbe apportare al CAD in attuazione della Legge Delega n. 124/2015 – art. 1.
Intorno al CAD ruotano numerosi provvedimenti normativi come il DPR n. 68/2005, relativo alla Posta Elettronica Certificata, ma anche tutte le regole tecniche fino ad oggi emanate in riferimento: alla firma elettronica; al documento informatico; alla conservazione e al protocollo informatico.
Rientrano certamente nel novero dei provvedimenti relativi all’innovazione della PA anche il D.Lgs. n. 33/2013 in materia di trasparenza e il D.Lgs. n. 196/2003, che sarà sostituito dalle disposizioni del nuovo Regolamento europeo sulla protezione dei dati in fase di pubblicazione, con il quale il CAD si deve sempre rapportare.
E ancora tutto va coordinato con le norme della L. 241/1990 che dettano altre modalità di accesso e controllo all’attività amministrativa nonché con quelle “sopravvissute” del DPR 445/2000 e tante altre.
Non si dimentichi, inoltre, che le disposizioni contenute nel CAD concernenti i documenti informatici, le firme elettroniche, i pagamenti informatici, i libri e le scritture, la formazione, la gestione, la conservazione e la trasmissione di documenti informatici si applicano, oltre che allaPA, anche ai privati (a norma dell’art. 2, co. 3 CAD) e che i principi generali contenuti nel CADcostituiscono solido riferimento anche di processi non espressamente previsti in virtù di generici richiami all’applicazione proprio di questi principi (si veda, da ultimo, la sentenza della Corte di Cassazione n. 22871 del 10 dicembre 2015 per la quale “i principi del CAD sono applicabili anche in ambito processuale”).
In riferimento a quest’ultimo aspetto numerose normative di settore stanno disciplinando l’ e-justice. I processi in ambito civile, penale, amministrativo, contabile e tributario hanno tutti le loro specifiche (e differenti tra loro) regole tecniche che trovano fondamento in Regolamenti che ne stabiliscono limiti e facoltà.
Analizzando la bozza del CAD 3.0 emerge chiaramente, e ciò è apprezzabile, il tentativo di rendere la normativa italiana maggiormente in linea con le disposizioni del Regolamento UE 910/2014, conosciuto anche come eIDAS, che entrerà in vigore il prossimo 1 luglio. Anche l’introduzione dei concetti di identità digitale e di domicilio digitale palesano, ancor più, il perseguimento delle linee dettate dall’attuale politica di e-Gov di questo Governo.
Risultano apprezzabili anche alcune norme volte a favorire la dematerializzazione e la circolazione dei documenti informatici (come l’introduzione dei limiti al disconoscimento della copia informatica), nonché il necessario, e più efficace, coordinamento con AGID.
Tante sono, tuttavia, le criticità che emergono da questo testo e ne cito, qui si seguito, solo alcune (la bozza, infatti, modifica quasi tutti gli articoli del CAD).
In primo luogo, la riforma del CADin un’ottica di efficientamento e semplificazione dovrebbe rappresentare, a mio parere, l’occasione per un riordino complessivo della normativa di settore, includendo in esso soltanto definizioni e principi generali univalenti che si applichino a tutti i processi, possibilmente in pochi articoli concisi. Non si comprende, ad esempio, l’inclusione nelle previsioni di applicazione del CAD al processo civile e penale mentre vi è alcun riferimento agli altri settori della giustizia, i quali non dovrebbero rimanere estranei ai principi e alle definizioni in esso contenuti.